Archivi tag: intermediari assicurativi

Disintermediamo o no?

Disintermediazione.
Il nuovo (?) mantra della rete, lascia ancora molti un po’ basiti: che vuol dire esattamente disintermediazione? Termine alquanto ostile. Troppe sillabe per significare un concetto economico facile: il taglio dei meddlemen. Nonostante la lunghezza cacofonica della parola, infatti, in economia disintermediation indica, con facilità di comprensione, la rimozione di intermediari nella supply chain.

Intermediario in caduta libera

Intermediario in caduta libera

Conseguenza: l’accorciamento della catena del valore che va dal fornitore della materia prima al compratore/utente finale, con ovvie ricadute positive sui costi della distribuzione.

Tutto qui? Beh, no.

La disintermediazione ha implicazioni importanti e molti riflessi.
Se ne parla infatti a proposito di media, quando si intravede un mondo digitale, multimediale, accessibile e flessibile in cui ciascuno è al contempo creatore e fruitore di contenuti. In modo tale che tutti saremo in grado di farci il nostro bel personal medium da soli. Il massmediologo si interessa di disintermediazione anche quando rispolvera l’agenda setting e guarda con favore al giornalismo cittadino (citizen journalism), ai social e ai blog di informazione alternativa.
Ne parlano gli albergatori, convinti di poter far fuori le agenzie di viaggi.
Nella Silicon Valley (e da lì in tutto il mondo) se ne è parlato tanto quando Loyal3 ha sconvolto il mercato azionario democratizzando l’acquisto mobiliare. Come? Portandolo sui social network, naturalmente.
Un ebook non è forse disintermediarizzante? Chi ne acquista uno non sta segando i taglialegna, i produttori di cellulosa, la cartiera, il tipografo e il bibliotecario? Non sta, in altre parole, ridisegnando – accorciandola – la catena editoriale?
Scaricarsi un mp3 (anche pagandolo, per carità!) vuol dire tagliare fuori i negozi di dischi.
E, parlando di social lending, chi ottiene un prestito peer to peer su Zopa (ora Smartika), elimina l’intermediario finanziario.
C’è la disintermediazione politica, chiamata in causa quando la manus publica deve arretrare dopo aver creato infrastrutture per il capitale privato. La si può anche tradire, la disintermediazione politica dico, e con lei niente di meno che la democrazia diretta. Avviene, infatti, se si propone un disegno di legge per la riforma dell’italico Senato in cui, di 148 senatori, 100 sono nominati da organi politici (sindaci, consigli regionali, Quirinale).
Disintermediazione, poi, si declina insieme agli aggettivi “bancario”, “creditizio”, “sociale” e naturalmente “assicurativo”.

E qui il discorso si complica.
Si finisce col parlare della deontologia dell’agente, delle strategie di gestione dell’agenzia, del suo ruolo, ora consulenziale, ora amicale, ora in conflitto di interesse, ora mono, ora pluri… Lasciamoci tutto questo alle spalle e facciamo solo qualche considerazione laterale.

  1. La disintermediazione assicurativa – come la si intende comunemente – è un fatto: dalla stipulazione di contratti infortuni in tabaccheria, alle telefoniche con catalogo extra-auto sempre più ampio, fino alla rivoluzione smart-phone (con cui si può pure istruire il sinistro) che dà corpo alla creatività di un consumatore sempre meno prevedibile, i canali distributivi tradizionali sono assediati e soccombenti.
  2. Il ruolo dell’intermediario è da ridisegnare, ma non punterei sulla sua capacità consulenziale a fronte dell’incontrovertibile fatto che il prodotto assicurativo richiede competenze interpretative che il cliente retail non può vantare. Il futuro è nella semplificazione del prodotto e nel conseguente assottigliamento del valore della consulenza. Perciò punterei sulla sua capacità di procacciarsi clienti particolari, non più individuali, ma collettivi ad esempio, e con bisogni assicurativi espressi, maturi e complessi. Punterei – che so – sulla sua capacità di piazzamento del rischio cyber per una azienda editoriale, piuttosto che sulle globali fabbricato, insomma. Per l’intermediario mi immagino un futuro da broker più che da agente.
  3. Definiamolo meglio questo concetto di disintermediazione. La disintermediazione in atto nel settore assicurativo riguarda gli agenti. In generale la disintermediazione è spesso la sostituzione di una moltitudine organizzata di piccoli intermediari con un solo grande intermediario che gode di una posizione predominante nel nuovo ambito distributivo (o che detiene un vantaggio tecnologico, che è uguale): sarà Trivago a spazzare via le agenzie di viaggio, non le tante pensioni Miramare col loro sito web statico. Parimenti se Google approccerà il mercato assicurativo, diverrà il nuovo intermediario globale che decreterà la fine di tutti noi, ma non dell’intermediazione tout court. Gli aggregatori non sono forse un altro tipo di intermediario?
  4. Da quasiasi punto la si voglia vedere, disintermediazione non vuol dire più democrazia, più scelta, pluralismo. Può rappresentare – forse e non per sempre – un vantaggio per il cliente finale. Ma c’è sempre in agguato il rischio della concentrazione distributiva nelle mani di uno (o di pochi), con annesse dinamiche non liberali e poco vantaggiose per il cliente finale. Per tutto questo l’intermediazione andrebbe considerata per quello che è e che è stata: un fattore di stabilità e di gradualità (penso a quella pubblica), di crescita culturale e sociale.

Pier Luca Ciangottini
l.ciangottini@gmail.com

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , ,

Tassonomia del broker romano

Nel 1961 Umberto Eco scriveva la fenomenologia di Mike Bongiorno, una delle più affilate pagine di critica televisiva mai pensate che, affettando il personaggio Bongiorno, demitizzava e ridefiniva la tv, il nuovo medium campione di induzione di mediocrità.

Broker

Amo il mio broker assicurativo

Ora accade che mi capita da un po’ di frequentare, ogni volta per breve tempo invero, gli intermediari assicurativi broker capitolini che hanno la bontà di ricevermi. Ne parlo già come di una categoria omogenea (“gli” intermediari” e non “alcuni” intermediari) e infatti il mio intento è quello di tratteggiarne la fisionomia, così, per quanto possibile a là Eco, sulla base di alcune mie assolutamente personali osservazioni di costanti psico-sociologiche, un po’ casarecce, forse, ma sufficientemente veridiche. Corroborate dal fatto che – per inciso – presso un broker ci lavoro e ho studiato per diventare tale anch’io.

Il broker romano si presenta in società principalmente in tre forme.

    1. Abbiamo un profilo di broker alto: è il broker che ha lavorato in una compagnia e lo ha fatto per tanto tempo. Tipicamente ha lasciato l’impresa nella quale ha mietuto successi professionali per raggiunti limiti di età e, andando in pensione (chiaramente con requisiti pre-Fornero), ha negoziato una buonuscita consistente e si è portato via un qualche business redditizio. Business che ha rappresentato la dote su cui ha potuto costruire il suo futuro dorato di intermediario sui generis. Non sono agenti perché non tollerano la rigidità del rapporto agenziale, che ben conoscono. Il segreto del successo di questi broker di apparato, quando hanno successo, è duplice: primariamente la dote, che è la massa critica, il motore che attira affari di livello. Non scendono nell’agone commerciale per la cattura del singolo contratto, non ne hanno bisogno; in secondo luogo il loro vantaggio è sapienziale: hanno vissuto a lungo la cultura delle imprese, sanno a chi rivolgersi e come, conoscono tutta la filiera della fabbrica di prodotto. Questo know-how, va detto, è inversamente proporzionale al tempo trascorso dal momento in cui sono stati estromessi dalle strutture delle compagnie. Di varia scolarizzazione, sanno volare comunque alto. Alle regole sono insofferenti.
    2. E poi ci sono i broker, quelli di quartiere, quasi pasoliniani. A Roma sono piuttosto affamati e c’è poco da ridere con loro. Sono accerchiati da agenti senza guanti bianchi ai quali contendono clienti individuali sempre più poveri. E lato aziende si devono accontentare di piccoli esercizi che oggi ci sono, domani no, perché se escono da questo seminato, li attendono al varco grandi intermediari di caratura internazionale con spalle molto larghe. Si sono fatti da soli, costruendosi portafogli di poche centinaia di migliaia di euro, un contratto dopo l’altro, collaborando maldigeriti con tante agenzie, quasi da subagenti e senza mai vedere una direzione broker in vita loro. Hanno studiato poco e possono essere piuttosto spregiudicati e voraci. L’authority pone solo assurdi freni, pensa questa categoria, che in ultima analisi vorrebbe fare (e forse fa) un po’ tutto quello che è necessario per galleggiare in questo mare tempestoso. La loro ottica di mercato è sicuramente sotto-culturale e i mezzi per accaparrarsi clienti e provvigioni spesso poco ortodossi. Ne ho visti emettere fatture per consulenza e gestione sinistri (!) insieme a contratti auto prestati da compagnie telefoniche o abbinare a polizze auto qualsiasi cosa, come si trattasse di pacchetti chiusi “prendere o lasciare”. Più pratiche auto che intermediari, sono imprenditori con i quali puoi solo collaborare a partita iva.
    3. E finalmente ci sono i broker con la B maiuscola che danno disdoro alla categoria e che adesso cominciano a passarsela male. Sono blasonati, di lunga tradizione, di nicchia o homines novi. Hanno una percezione corretta del loro mandato, hanno know-how e clienti selezionati, portafogli in equilibrio, sentono il cliente e agiscono sulla compagnia al giusto livello. Sono attivi sul mercato dei Lloyds’ e fanno network, vivono maturamente l’associazionismo di categoria, insomma, sanno fare il loro mestiere e hanno mezzi e conoscenza per farlo al meglio in un mercato sempre più regolamentato (fino al parossismo, dicono, ma le regole le rispettano) e competitivo.

Come tutte le categorizzazioni, anche questa non rende giustizia dei tanti casi non osservati. Me ne scuso subito e ti invito a dire la tua nel sondaggio qui sotto. Grazie.

Pier Luca Ciangottini
l.ciangottini@gmail.com

Contrassegnato da tag , , , , ,

Intermediario, anzi broker. In conflitto di interessi istituzionalizzato.

Una figura centrale del mondo delle assicurazioni con la quale tutti, imprese, istituzioni e consumatori, fanno quotidianamente i conti è quella dell’intermediario nella sua duplice veste di agente o di broker. E quando le cose cambiano rapidamente come di questi tempi sono in molti ad interrogarsi sul ruolo dell’intermediario, alleato strategico se contrasta l’arrembante ascesa della distribuzione assicurativa in banca; ora scomodo partner che appesantisce il costo del prodotto quando l’attenzione è puntata su nuovi canali.

Intermediazione
Intermediazione

L’unica costante sembra la partigianeria dossologica o deraogatoria che suscita in chi ne parla.

Il quadro normativo che definisce gli intermediari è, come poco spesso accade nel nostro ordinamento, chiaro e di facile individuazione.
Per chi vuole approfondire l’attività di questi operatori è infatti sufficiente consultare, magari in quest’ordine per farsi un’idea sempre più precisa procedendo per approssimazioni concentriche, relativamente poche fonti:

  1. il codice civile, capi X (contratto di agenzia) e XI (mediazione) del  titolo terzo del libro quarto sulle obbligazioni, in particolare gli  articoli 1742 sul contratto di agenzia e 1754 sulla figura del mediatore;
  2. il codice delle assicurazioni private, decreto legislativo numero 209 del 7 settembre 2005, articolo 109, comma 2, lettere a (agente) e b (broker) e, naturalmente, l’articolo 106 sulla definizione di attività di intermediazione assicurativa, meglio comunque tutto il titolo IX sugli intermediari;
  3. il regolamento Isvap numero 5 del 16 ottobre 2006, articolo 2, lettere c (agente) e t (broker).

Il profilo dell’intermediario, così come suggerito dal codice civile, è dunque ancipite: agenti e broker. Ma il nostro ordinamento tratta l’intermediazione declinandola su diversi operatori, ognuno con la sua bella sezione nel registro unico. E’ stato infatti per recuperare alla legge il fenomeno della bancassurance e nel segno dell’armonizzazione europea della attività di intermediazione che agente e broker, che nella normativa previgente al cap erano le uniche disciplinate, sono ora solo due delle cinque figure di intermediario.
E rimangono le più discusse.

In particolare il broker, per il quale è concettualmente (e praticamente) stridente l’aspetto della remunerazione.
In che senso?

Il cap definisce il broker come quel mediatore di assicurazione che agisce su incarico dell’assicurando e senza poteri di rappresentanza dell’impresa di assicurazione, cose che non possono dirsi dell’agente, evidentemente. L’incarico che riceve il broker dall’assicurando è primariamente quello di svolgere attività di consulenza ed assistenza. Il mandato, essendo prestato nell’interesse dell’assicurando, implica che il broker sia indipendente dalla compagnia e che si atteggi nel solo interesse del mandante. Al di là di quanto possa essere liberamente convenuto dalle parti nella lettera di incarico, una cosa è certa: il broker deve fare il bene del suo cliente e basta.
Nella prassi assicurativa però si delinea un conflitto di interessi, macroscopico per non dire grande quanto una casa, che influisce sulle scelte che il broker può consigliare.
Il compenso spettante al broker infatti viene pagato dall’assicuratore. In pratica è proprio l’impresa a determinare questo compenso, impresa alla quale il broker dovrebbe essere estraneo. Ma è possibile che assicuratore e broker siano svincolati se l’uno paga l’altro?
Diffcile. Soluzioni per sanare il conflitto se ne sono prospettate e ne citiamo a memoria alcune:

  1. il broker è pagato dal cliente;
  2. l’impresa rende pubblico l’importo provvigionale che eroga al broker per l’intermediazione, così come già accade per l’auto;
  3. si stabilisce un tariffario broker.

Mentre noi scriviamo ancora su questo annoso problema, nei Paesi Bassi è già scritto che a far data dal 1° gennaio 2013 gli intermediari non potranno essere remunerati a provvigione per contratti vita, mutui, prodotti Mifid. Riceveranno un fee per la consulenza pagato direttamente dal cliente.
Quando si tratta di contratti importanti, c’è già chi, nel nostro stesso recinto europeo. si è saputo organizzare per la trasparenza e l’indipendenza dell’intermediario. Nell’interesse dell’assicurato.

Pier Luca Ciangottini
l.ciangottini@gmail.com

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , ,